Carissimi amici,
sono da poco tornata dall’India, dove ho trascorso 10 giorni delle mie vacanze di Pasqua. Giorni intensissimi e frenetici: poco il tempo e tantissime le cose da fare. Ma, grazie al sostegno di tutti voi, sono riuscita a realizzare tutti i progetti che ci eravamo prefissati: sapeste com’è bello tornare ogni volta, e vedere i volti dei nostri bambini sempre più sani e sorridenti!
Tutti quegli sguardi sono il senso dei miei viaggi in India. Sguardi allegri e profondi, sguardi infantili ma nel contempo maturi e malinconici, che esprimono mille emozioni, gioia e dolore insieme, sguardi che esprimono amore. Mi sono chiesta spesso come quei bambini riuscissero ad avere quei magnifici sorrisi, nonostante la povertà, la paura, la solitudine. Non sono riuscita razionalmente a darmi una risposta; per me essi rappresentano la magia dell’esistenza, simili a certi fiori selvatici che meravigliosamente e sorprendentemente hanno la capacità di crescere lungo fossi paludosi.
Mi sto sempre più rendendo conto di come sia importante adottare un bambino a distanza. I bambini che abbiamo adottato finora sono 120: alcuni vivono in famiglia, la maggior parte all’Orfanotrofio. Inizialmente mi disgustava l’idea di costruire un nuovo Orfanotrofio: una sorta di gabbia in cui isolare bambini “diversi”. Come sarebbe stato più bello poterli aiutare lasciandoli nelle loro famiglie! Anche la parola “orfanotrofio” non mi è mai piaciuta, tant’è vero che ho chiamato quello nuovo “Smiling Children’s Home”, la “Casa dei bambini sorridenti”.
Ma ho verificato, in tutti questi anni passati in India, che proprio lì i bambini sentono di essere a casa.
Era la vigilia di Pasqua: una serata calda e serena trascorsa nella veranda dell’ostello partecipando all’eccitazione dei bambini ai quali avevo organizzato, per il giorno successivo, una gita al mare. Dopo una cena abbondante, e dolci, coca cola e palloncini colorati, stavamo cantando e danzando felici e spensierati. All’improvviso i fratellini Kiran e Arun Kumar mi vengono davanti e, con gli occhi pieni di lacrime sconsolate, mi dicono “Bye bye mummy. Home”, facendomi capire che stanno andando a casa.
Li stava infatti aspettando il padre che, ubriaco fradicio, era venuto a portarseli via. Io e padre Joseph abbiamo cercato di convincerlo a lasciarli ancora qualche giorno, ma il padre ha cominciato a dare in escandescenze e, per evitare spiacevoli conseguenze, abbiamo dovuto cedere.
Non dimenticherò mai più quella scena: il padre che se ne andava barcollando e urlando con cattiveria chissà quali improperi, e i bimbi rassegnati e infelici che lo seguivano, trascinando a fatica i loro fagotti con le loro povere cose. La festa per me era finita: un dolore opprimente aveva invaso il mio cuore e sono tornata nella mia camera, senza poter chiudere occhio e pensando continuamente ai due fratellini. Ma durante la notte padre Joseph è venuto a chiamarmi: i due bambini erano tornati, accompagnati dalla mamma, avevano scavalcato il cancello dell’Orfanotrofio e avevano ripreso i loro posti nel dormitorio! Perché quella era la loro famiglia: lì erano felici.
A noi può sembrare paradossale, ma l’India è così: nelle famiglie povere, che sono la maggioranza, i bimbi sono un sostegno, per assistere la madre poliomielitica, il padre malato di AIDS o i nonni infermi. E obbligati a portare a casa qualche rupia: mandati sulla strada in mezzo a mille pericoli a chiedere l’elemosina o costretti a rubare, sfruttati da gente senza scrupoli, senza retorica privati di un’infanzia normale.
E’ importante che i bambini abbiano la possibilità di vivere in un ambiente tranquillo e sereno, di riempirsi lo stomaco e di non dover pensare a come faranno ad arrivare al giorno dopo se non troveranno da mangiare, di poter cominciare a pensare a come vogliono vivere e non più a come possono sopravvivere. E noi stiamo loro regalando proprio questo: la Casa dei bambini sorridenti.
Al mio arrivo a Kesarapalli c’erano ancora dei lavori da ultimare nella nuova casa: le piastrelle da comprare, i vetri alle finestre, il lavoro dell’idraulico e dell’elettricista, la fossa biologica, l’arredamento. Con il vostro aiuto e di quello di tanti generosi amici abbiamo potuto terminare tutto questo, così quando si riapriranno le scuole a metà giugno ( ora è vacanza e le scuole sono chiuse), la casa sarà pronta per accogliervi i bambini. Con l’aiuto di altri amici dal cuore grande ho potuto anche comprare un piccolo appezzamento di terreno a fianco della casa, dove costruiremo la stalla per le nostre bufale e dove i bambini potranno giocare. Abbiamo anche acquistato il tanto desiderato generatore: uno dei grandi problemi dell’India è infatti la carenza d’energia elettrica. Nelle città vi sono tagli di corrente anche 5 volte al giorno in certi periodi, e alcuni villaggi possono rimanere senza energia elettrica anche per giorni. Manca quindi la luce, i ventilatori non funzionano e si soffoca dal caldo, gli alimenti si deteriorano nel frigorifero. Con il nuovo generatore, abbiamo risolto tutti questi problemi.
Ho inoltre predisposto affinché, alla riapertura delle scuole, ai bambini non manchino le divise nuove, i sandali, le cartelle, e tutto il materiale scolastico che occorre.
Per merito vostro abbiamo ottenuto un risultato GRANDE!
Grazie Loredana