Settembre 2003

Carissimi amici,

eccomi di nuovo a voi, dopo il mio ultimo viaggio in India. Ho vissuto un mese nella nostra Casa dei Bambini Sorridenti, che era pronta e che ho avuto la gioia di inaugurare. Attualmente vi ospitiamo 76 bambini (di più non è possibile): di questi, 30 sono già stati adottati, gli altri sono nuovi e aspettano di essere adottati. Mi ero ripromessa di non superare un certo limite di adozioni, perché la nostra Associazione è piccola, e abbiamo energie e risorse molto limitate. Ma ogni giorno, quando uscivo dalla mia camera, trovavo ad aspettarmi genitori, nonni o parenti disperati con un bambino che mi chiedevano di accogliere nella Casa.

Quest’anno, a causa della siccità, il raccolto di riso è andato perduto (purtroppo, anche quello della nostra risaia): questo significa disoccupazione, niente lavoro, niente da mangiare,.. letteralmente la FAME. Chi di noi avrebbe avuto il coraggio di lasciare fuori dalla porta un piccolino affamato e macilento, che sicuramente sarebbe stato abbandonato, venduto o mandato sulla strada a mendicare o a prostituirsi per portare a casa qualche rupia? Così prendevo i bambini per mano, e li accompagnavo nella loro nuova casa: un’abbondante colazione, un bagno e un vestito nuovo. E l’accoglienza gioiosa degli altri bambini. Com’era bello vederli in poche ore trasformati: puliti, allegri e orgogliosi di farmi toccare le loro pance piene e tese come tamburi! E allora, con le lacrime agli occhi per questi piccoli miracoli che si realizzavano quotidianamente, li abbracciavo stretti pensando:” Non ti preoccupare piccolo, comunque vada io ci sarò. Vedrai, ce la faremo”.

E’ stato bello vivere con i bambini nella Smiling Children’s Home. In tutti i miei precedenti soggiorni in India ho vissuto una vita da nomade ospite di varie istituzioni: Orfanotrofi, conventi di suore, ospedali, appartamenti di amici,…ma ora ho la mia casa e tanti bambini che mi danno la meravigliosa sensazione di appartenere a una grande famiglia. Li ho lasciati solo da poco, ma già mi mancano terribilmente, mi manca la confusione, mi mancano i loro abbracci, i loro sorrisi, le loro lacrime, mi manca il loro bacio della buonanotte…mi manca ogni singolo secondo di quello che ho vissuto con loro.

Quando sono arrivata mancava tutto, c’era solo un fornello e due pentole, i bambini mangiavano per terra con il cibo raccolto in foglie di banano. Mi sono tirata su le maniche e ogni giorno io e padre Joseph andavamo in città a fare spese e ogni sera una festa, e l’incredulità e la gratitudine dei bambini che vedevano ogni giorno la loro casa arricchirsi di tavoli, sedie, armadi, piatti, bicchieri, ….

Ma dopo aver arredato la casa occorre anche insegnare ai bambini a tenerla pulita, e soprattutto insegnare l’igiene personale: la maggior parte di loro non sa neanche cosa sia, forse perché anche per i loro familiari era un argomento sconosciuto. Con l’aiuto di un barbiere che ha lavorato per tre giorni di fila, sono riuscita a far tagliare i capelli a tutti i bambini e, quando scoprivamo pidocchi o infezioni, facevamo uno shampoo medico. E’ difficile insegnare loro un’igiene corretta, soprattutto perché l’insegnamento non è continuativo, ma con il tempo e con l’aiuto del personale che sto cercando di istruire, spero che questi sforzi non vadano perduti.

Avevo trascorso il pomeriggio in città con Rajni, una bambina sempre triste, con grossi problemi famigliari alle spalle e qualche difficoltà di carattere psicologico. Al mio arrivo a Kesarapalli l’avevo trovata in brutte condizioni, vestita con stracci tenuti insieme da spille da balia. L’avevo quindi accompagnata a comprarle scarpe e qualche vestito nuovo. La sera, dopo cena, come tutte le sere prima di andare a dormire, eravamo seduti in veranda a cantare e a chiacchierare: Rajni mi viene vicina e indica con insistenza i calzoni che indosso. Penso allora con un certo fastidio: “Accidenti, dopo tutto quello che le ho comprato non e’ ancora contenta! Anche i calzoni vuole!” E cosi’ per una buona mezz’ora. Vista l’insistenza chiedo a padre Joseph di spiegarle nel dialetto locale che quello che ha può bastare, e scopro che Rajni non voleva i calzoni, ma semplicemente desiderava sedersi un po’ sulle mie ginocchia!

Con l’acquisto di un computer e di una stampante ho potuto iniziare a costruire un archivio con le fotografie e tutte le informazioni possibili su ogni nostro bambino: quel giorno avevo scoperto che era la ricorrenza del compleanno di Ashok. La sera l’abbiamo festeggiato, con una torta e delle caramelle da spartire con i suoi amici. Dopo la festa i bambini mi hanno addirittura assalito, comunicandomi le date dei loro compleanni: tutte rigorosamente entro il 16 agosto, la data della mia partenza!! Così, tutte le sere festeggiavamo un compleanno, a volte anche due o tre. E tutte le volte il festeggiato (o la festeggiata) era così onorato di offrirmi un pezzo della sua torta: era qualcosa di suo…e lui, con grande amore e rispetto, me ne porgeva una fetta, con un sorriso che emanava gratitudine e felicità.

Ma la felicità più grande, una gioia quasi selvaggia l’hanno provata i bambini quando ho organizzato una gita nel parco divertimenti in una città vicina. E’ stata una giornata indimenticabile: ho affittato un pullman e li ho portati per una giornata intera a godersi le altalene, gli scivoli, una passeggiata sul cavallo e un giretto in battello su un canale che circonda il parco. E la merenda sul prato. Abbiamo invitato anche alcuni dei nostri bambini che vivono in famiglia e i ragazzini di Challapalli: più di 100 bambini scatenati e felici. Che gioia vederli correre e divertirsi spensierati!

Vorrei continuare a raccontarvi tutte le altre cose bellissime che con il vostro sostegno ho potuto realizzare, ma non voglio stancarvi: siete già pazienti a leggere fino in fondo questa lunga lettera. Vi chiedo solo:

AIUTATEMI AD ANDARE AVANTI.

Un abbraccio forte a tutti

Loredana